Viaggio nell’estetica giapponese

La moda giapponese, fra tradizione e modernità, è un mondo a cui guardare con grande interesse, per la raffinatezza e la profondità dei significati che è in grado di veicolare.

Vi è nell’estetica giapponese un grado di semplicità tanto complesso da essere quasi inafferrabile. L’ispirazione che ha guidato la mano dei celebri designer nipponici non si offre a sguardi superficiali. E’ forse dall’elogio dell’ombra che l’occidente dovrebbe partire per avvicinarsi realmente ai grandi temi che stanno dietro la cultura giapponese.

Non serve la luce artificiale per scorgere la profondità di un modello estetico fatto di un’eleganza senza tempo, di uno spazio colmo di significato – il cosiddetto “Ma”– fra l’abito ed il corpo. Ma è una parola presente nella lingua giapponese in innumerevoli espressioni, colloquiali e non. Indica un’entità che si trova in mezzo, “fra”: un tempo fra due eventi, uno spazio fra le cose, la relazione fra due persone o anche fra due momenti diversi di uno stesso soggetto, nella vita quotidiana, nelle arti marziali, nell’arte e nel teatro, lo spazio fra il perfetto e l’imperfetto. In questo concetto così delicato, in questo “qualcosa” di inafferrabile risiede la particolarità e la raffinatissima sensibilità estetica giapponese.

Tessuti preziosi modellati da gesti precisi, contaminazioni con una modernità che si fa veicolo per la celebrazione di un affascinante passato. Voglia di rinascita, dopo ferite profonde, espressa nel dopoguerra in un design che stravolge le convenzioni e modella abiti ora trasandati, ora teatrali, ora semplici “pezzi di stoffa”, in cui cogliere più che mai la semplice purezza dell’essenza. Fra i nomi più celebri di designer giapponesi ricordiamo Rei Kawakubo, e Yohji Yamamoto, che nel 1981 scossero il mondo della moda parigina con le loro creazioni; ma anche Issey Miyake e Kenzo Takada.

 

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