La storia del tubino nero

Consacrato definitivamente dal film “Colazione da Tiffany”, con Audrey Hepburn, il tubino nero porta in realtà la celebre firma di Coco Chanel, che lo crea a Parigi più di novanta anni fa.

In Francia, dove questo capo è nato più di ottant’anni fa, lo chiamano petit noir. Gli inglesi lo definiscono invece come little black dress. Non manca mai, infine, nei dizionari della moda italiana, un capitolo dedicato al tubino nero. La nascita di questo celebre capo è legata al nome di Gabrielle Chanel, detta Coco. Siamo nel 1926 e Parigi è animata da un vento di cambiamento. L’ottimismo postbellico regala alle donne una nuova consapevolezza: dopo aver sostituito per anni gli uomini impegnati al fronte, le donne accorciano i capelli, vestono abiti comodi ed iniziano a pretendere un ruolo sociale di primo piano.

La lungimiranza e la sensibilità al cambiamento di Chanel s’inseriscono perfettamente in questo trend, offrendo alla donna un modo di vestire per sentirsi a proprio agio, ma con eleganza. Caratterizzato da linee diritte, cuciture perfette e tessuti morbidi, il tubino di Chanel è dedicato ad una donna nuova, che lavora, che non ha più tempo per abiti ingombranti che la rendano preda dell’ozio e vittima di ganci e nastri. Si narra, però, che tale rivoluzione nel vestire non sia stata sufficiente alla consacrazione del tubino. La fama che accompagna questo capo deriva infatti, in gran parte, da un celebre film, divenuto anch’esso un cult. Parliamo di “Colazione da Tiffany” (1961), dove un’impeccabile Audrey Hepburn fa la sua apparizione in un lungo abito nero, disegnato per lei dallo stilista Hubert de Givenchy.

Se “Colazione da Tiffany” è oggi il riferimento dell’eleganza senza tempo, il fascino del tubino, ancor prima di conquistare Audrey e il suo pubblico, aveva già fatto numerose apparizioni in altrettante varianti, assecondando i dettami delle mode.

Sul finire degli anni Quaranta, si ricorda il tubino lucido con scollo diritto di Rita Hayworth nel film “Gilda” (1946). E’ entrata poi nella storia del cinema e della moda anche la versione senza spalline che avvolge Anita Ekberg ne “La Dolce Vita” di Fellini (1960).

Attraversando gli anni Settanta e cedendo a qualche compromesso di stile, fra look hippy e moda disco, il tubino percorre i decenni con assoluta sicurezza. Per capire se il mito resista ancora oggi, basta guardare le ultime sfilate, e soffermarsi sulle numerose declinazioni in pizzo o in pelle proposte dagli stilisti. Il mito non perde il suo smalto e, anzi, sembra guadagnare fascino con il trascorrere del tempo.

 

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